Il 31 dicembre 2008 mi sono avvicinato al tempio buddhista vicino casa, per informarmi sul Joya no kane, i centootto tocchi di campana che segnano la fine dell'anno. Ogni rintocco simboleggia un peccato umano. Con mia sorpresa, siamo stati invitati a partecipare attivamente all'evento. Un funzionario/sacerdote ha segnato i nostri nomi in un taccuino apposito dove erano ordinatamente elencati i turni dei partecipanti. Ognuno di noi, giunto il suo momento, avrebbe dato un colpo alla campana del tempio.
Le campane di bronzo giapponesi sono particolari: molto grandi, si trovano a sì e no un metro da terra, per essere percosse lateralmente da una trave orizzontale appesa a catene.
La sera ci siamo presentati al tempio. Ero con Martin e con Riccardo, un vecchio amico che era venuto a trovarmi per le vacanze. Il giardino era affollato da un centinaio di persone.
Messi in fila, infine, abbiamo battuto il nostro colpo. L'atmosfera era rilassata e familiare, quasi da festa di paese.
Vendevano oggetti propiziatori per l'anno nuovo: ho comprato una hamaya, una freccia senza punta, in legno, che è rimasta appesa alla parete della mia camera per tutto il soggiorno giapponese. Non ricordo il significato simbolico, comunque valeva come portafortuna.
Sulla griglia cucinavano gli yakimochi: la sensazione gommosa della pasta di riso, croccante all'esterno, con il salato dell'alga nori avvolta attorno... Uno dei gusti del Giappone che mi manca.
Il giorno dopo, ci siamo trovati ad Asakusa, con un gruppetto di conoscenti italiani che lavoravano in Giappone, per compiere hatsumōde, la prima visita dell'anno al tempio. Questa volta non eravamo in un tempietto di periferia, ma in uno dei santuari principali della città, il Sensōji. C'erano, infatti, molti visitatori.
Passo passo, abbiamo salito i gradini del tempio principale, dove, come da rito, abbiamo lanciato alcune monetine, esprimendo il nostro desiderio. Ai lati, alcuni ragazzi in abiti tradizionali, forse parte di qualche comitato promotore, con richiami a voce alta, lanciavano nella saisenbako (la cassa delle offerte) ricche manciate di monete sopra le nostre teste, dando ulteriore senso di atmosfera alla situazione.
Ci siamo fermati davanti a una bancarella, non lontana dal portale Hōzōmon. Vendevano hagoita, racchette di legno per una sorta di badminton antico che si usava acquistare proprio attorno al capodanno. Per tradizione sulle pale delle racchette si raffigurano ritratti di attori Kabuki. Un'amica del gruppo ne ha comprato un paio.
Così, nel rispetto del rito, abbiamo trascorso il capodanno. Abbandonato l'anno del Topo (il mio segno) siamo entrati in quello del Bue.
(foto di Alessandra Corda)
Le campane di bronzo giapponesi sono particolari: molto grandi, si trovano a sì e no un metro da terra, per essere percosse lateralmente da una trave orizzontale appesa a catene.
La sera ci siamo presentati al tempio. Ero con Martin e con Riccardo, un vecchio amico che era venuto a trovarmi per le vacanze. Il giardino era affollato da un centinaio di persone.
Messi in fila, infine, abbiamo battuto il nostro colpo. L'atmosfera era rilassata e familiare, quasi da festa di paese.
Vendevano oggetti propiziatori per l'anno nuovo: ho comprato una hamaya, una freccia senza punta, in legno, che è rimasta appesa alla parete della mia camera per tutto il soggiorno giapponese. Non ricordo il significato simbolico, comunque valeva come portafortuna.
Sulla griglia cucinavano gli yakimochi: la sensazione gommosa della pasta di riso, croccante all'esterno, con il salato dell'alga nori avvolta attorno... Uno dei gusti del Giappone che mi manca.
Il giorno dopo, ci siamo trovati ad Asakusa, con un gruppetto di conoscenti italiani che lavoravano in Giappone, per compiere hatsumōde, la prima visita dell'anno al tempio. Questa volta non eravamo in un tempietto di periferia, ma in uno dei santuari principali della città, il Sensōji. C'erano, infatti, molti visitatori.
Passo passo, abbiamo salito i gradini del tempio principale, dove, come da rito, abbiamo lanciato alcune monetine, esprimendo il nostro desiderio. Ai lati, alcuni ragazzi in abiti tradizionali, forse parte di qualche comitato promotore, con richiami a voce alta, lanciavano nella saisenbako (la cassa delle offerte) ricche manciate di monete sopra le nostre teste, dando ulteriore senso di atmosfera alla situazione.
Ci siamo fermati davanti a una bancarella, non lontana dal portale Hōzōmon. Vendevano hagoita, racchette di legno per una sorta di badminton antico che si usava acquistare proprio attorno al capodanno. Per tradizione sulle pale delle racchette si raffigurano ritratti di attori Kabuki. Un'amica del gruppo ne ha comprato un paio.
Così, nel rispetto del rito, abbiamo trascorso il capodanno. Abbandonato l'anno del Topo (il mio segno) siamo entrati in quello del Bue.
(foto di Alessandra Corda)