Li steddi sendi minori/Imparetili a baddà/Si no sò baddadori/Stentani a cujuà
(Quando i ragazzi sono piccoli/Insegnategli a ballare/Se non sono ballerini/Faticano a sposarsi)
Questo detto tradizionale gallurese ha una sua verità... Non ho imparato a ballare da piccolo, e da grande ho sempre trascurato l'arte. Col risultato di una certa legnosità e impaccio nelle occasioni di ballo e socializzazione.
Roppongi, inverno 2008. Siamo in uno tra i più noti quartieri dei divertimenti della città. Ha una certa nomea di pericolosità, per la presenza di locali notturni, clienti stranieri e, pare, in passato yakuza. Anche qui lo stile è dato dagli edifici anni '60-'80, sebbene nel mezzo si trovino alcuni interessanti progetti recenti (l'imponente Mori Tower, Tokyo Midtown).
Punto di raduno per gli appuntamenti, nelle vicinanze della stazione, è una piccola pasticceria a vistosi colori rosa, la Almond, che poi è stata ricostruita proprio nel periodo in cui ero in Giappone. Continuava a essere il luogo di appuntamento preferito, anche se per un certo periodo era ridotto a un mucchio recintato di macerie.
Mi ritrovo con alcuni colleghi, compagnia italo - nipponica, in un localino la cui specialità è la... Salsa, ballo da me tanto disprezzato in passate estati italiane. Elisabetta cerca, con poco risultato dato lo studente, di introdurmi a quella danza, che si rivela per me astrusa. Qualcosa arrangio, tra scherzi e risate, e il tempo trascorre piacevolmente.
A un certo punto della serata, il gruppo rimpicciolisce. Lo spartiacque della nottata è l'ultimo treno, attorno a mezzanotte. Chi rimane continua fino all'alba, cioè alla prima corsa dei treni. Resto con Elisa e Michela.
La via ospita numerosi locali, notturni e non, con tanto di "invitatori" alla porta, anche piuttosto insistenti, in gran parte africani. Mi accorgo che da un lato della via, oltre le prime file di palazzi, si trova un terreno in discesa, libero da edifici. La presenza di numerosissimi paletti verticali in legno, tesi verso il cielo, ne indica chiaramente l'uso: sono i sotoba, disposti davanti alle tombe nei cimiteri buddhisti. Strano, penso, a due passi dalla zona dei locali.
La vita notturna della via principale, mi richiama al presente. La notte trascorre vagando tra quattro - cinque locali, con la guida delle mie due amiche-colleghe. Elisa è bravissima a rispondere a tono all'insistenza dei portieri e a contrattare con loro. In un bar ci intratteniamo brevemente con due giovani statunitensi. Lavorano presso la loro ambasciata, che, dicono, non è lontana. Tra sostanze alcoliche e conversazione, il tempo passa.
Elisa ci guida in un palazzo, seguendo l'invito di uno scuro omaccione dai tratti africani. La porta dell'ascensore si apre: ci troviamo in una stanza bianca è luminosa, piena di latinoamericani che ballano le loro musiche. E lì, tra sudore, alcol, allegria, mi ritrovo coinvolto nel ballo. Nella calca, d'istinto chiudo gli occhi. Muovo piedi e corpo nel buio... Un tempo indefinito, che in tutta probabilità non è durato più di cinque minuti.
... Fu così che, perso in una metropoli estasiatica, in un quartiere dei divertimenti di fama neanche troppo linda, mezzo ubriaco, sabato sera, con la stanchezza di una settimana di lavoro, circondato da un accogliente gruppo di migranti latini, riuscii a ballare la Salsa. Pochi minuti di gloria, una soddisfazione tutta interiore di cui lì per lì fui conscio a stento. Michela, che mi aveva guidato nella mia danza alla cieca, commentò favorevolmente la mia breve performance. Non era stata una mia illusione.
Trascorriamo l'ultima oretta prima dell'apertura della metro in un locale semivuoto, seduti al tavolino, stanchi e perlopiù silenziosi. Alla fine ci salutiamo, ognuno in direzione di casa.
Mi dirigo sotto terra. Il binario della metro mi appare tra il giallo dell’illuminazione artificiale e il grigio del mattino. La piattaforma è affollata da centinaia di ragazzi giapponesi, estenuati; molti seduti in terra, da soli o a gruppetti, in attesa del treno.
(foto del vecchio Almond da www.japantoday.com; foto dei sotoba di Alessandra Corda)
(Quando i ragazzi sono piccoli/Insegnategli a ballare/Se non sono ballerini/Faticano a sposarsi)
Questo detto tradizionale gallurese ha una sua verità... Non ho imparato a ballare da piccolo, e da grande ho sempre trascurato l'arte. Col risultato di una certa legnosità e impaccio nelle occasioni di ballo e socializzazione.
Roppongi, inverno 2008. Siamo in uno tra i più noti quartieri dei divertimenti della città. Ha una certa nomea di pericolosità, per la presenza di locali notturni, clienti stranieri e, pare, in passato yakuza. Anche qui lo stile è dato dagli edifici anni '60-'80, sebbene nel mezzo si trovino alcuni interessanti progetti recenti (l'imponente Mori Tower, Tokyo Midtown).
Punto di raduno per gli appuntamenti, nelle vicinanze della stazione, è una piccola pasticceria a vistosi colori rosa, la Almond, che poi è stata ricostruita proprio nel periodo in cui ero in Giappone. Continuava a essere il luogo di appuntamento preferito, anche se per un certo periodo era ridotto a un mucchio recintato di macerie.
Mi ritrovo con alcuni colleghi, compagnia italo - nipponica, in un localino la cui specialità è la... Salsa, ballo da me tanto disprezzato in passate estati italiane. Elisabetta cerca, con poco risultato dato lo studente, di introdurmi a quella danza, che si rivela per me astrusa. Qualcosa arrangio, tra scherzi e risate, e il tempo trascorre piacevolmente.
A un certo punto della serata, il gruppo rimpicciolisce. Lo spartiacque della nottata è l'ultimo treno, attorno a mezzanotte. Chi rimane continua fino all'alba, cioè alla prima corsa dei treni. Resto con Elisa e Michela.
La via ospita numerosi locali, notturni e non, con tanto di "invitatori" alla porta, anche piuttosto insistenti, in gran parte africani. Mi accorgo che da un lato della via, oltre le prime file di palazzi, si trova un terreno in discesa, libero da edifici. La presenza di numerosissimi paletti verticali in legno, tesi verso il cielo, ne indica chiaramente l'uso: sono i sotoba, disposti davanti alle tombe nei cimiteri buddhisti. Strano, penso, a due passi dalla zona dei locali.
La vita notturna della via principale, mi richiama al presente. La notte trascorre vagando tra quattro - cinque locali, con la guida delle mie due amiche-colleghe. Elisa è bravissima a rispondere a tono all'insistenza dei portieri e a contrattare con loro. In un bar ci intratteniamo brevemente con due giovani statunitensi. Lavorano presso la loro ambasciata, che, dicono, non è lontana. Tra sostanze alcoliche e conversazione, il tempo passa.
Elisa ci guida in un palazzo, seguendo l'invito di uno scuro omaccione dai tratti africani. La porta dell'ascensore si apre: ci troviamo in una stanza bianca è luminosa, piena di latinoamericani che ballano le loro musiche. E lì, tra sudore, alcol, allegria, mi ritrovo coinvolto nel ballo. Nella calca, d'istinto chiudo gli occhi. Muovo piedi e corpo nel buio... Un tempo indefinito, che in tutta probabilità non è durato più di cinque minuti.
... Fu così che, perso in una metropoli estasiatica, in un quartiere dei divertimenti di fama neanche troppo linda, mezzo ubriaco, sabato sera, con la stanchezza di una settimana di lavoro, circondato da un accogliente gruppo di migranti latini, riuscii a ballare la Salsa. Pochi minuti di gloria, una soddisfazione tutta interiore di cui lì per lì fui conscio a stento. Michela, che mi aveva guidato nella mia danza alla cieca, commentò favorevolmente la mia breve performance. Non era stata una mia illusione.
Trascorriamo l'ultima oretta prima dell'apertura della metro in un locale semivuoto, seduti al tavolino, stanchi e perlopiù silenziosi. Alla fine ci salutiamo, ognuno in direzione di casa.
Mi dirigo sotto terra. Il binario della metro mi appare tra il giallo dell’illuminazione artificiale e il grigio del mattino. La piattaforma è affollata da centinaia di ragazzi giapponesi, estenuati; molti seduti in terra, da soli o a gruppetti, in attesa del treno.
(foto del vecchio Almond da www.japantoday.com; foto dei sotoba di Alessandra Corda)