Dopo alcune settimane in Giappone, si è reso necessario andare dal barbiere. Abitavo nel quartiere di Meguro, stazione di Toritsu Daigaku. A prima vista, i barbieri giapponesi sono come i nostri; c'è anche fuori la classica colonnina a spirali colorate.
Il primo, dopo mie impacciate istruzioni in giapponese, si dedicò lungamente a sbarbarmi secondo un suo criterio estetico, che si rivelò pienamente alla fine del suo minuzioso lavoro: sembravo uno dei tre moschettieri, ma con la barba lunga. Così gli chiesi la cosa più semplice: radermi barba e capelli della stessa lunghezza con la macchinetta. La richiesta sembrò divertirlo come una stranezza, ma acconsentì. Alla fine mi guardai allo specchio e commentai in termini positivi. Ma dissi "Mezurashii!" (raro, insolito), invece di "Subarashii!" (magnifico, splendido). L'uomo non dette segno di cogliere il mio imbarazzo a un errore così maldestro.
La volta successiva andai in un salone consigliato da Martin, che me ne disse meraviglie. Anche qui barbiere sulla mezza età, anche lui divertito, chissà perché, dalla mia richiesta di tagliare capelli e barba uguali. Il trattamento, però, fu quasi di lusso. Alcune cose erano al contrario rispetto a com'ero abituato: per lo shampoo venivo chinato in avanti e non a testa all'indietro; per la barba venivo, invece, sdraiato supino sulla poltrona, che si rivelò un marchingegno complesso. Con alcune manovre esperte dell'uomo, si stendeva come un lettino; produceva anche una piacevolissima vibrazione alla schiena. Unico svantaggio, i peli della barba mi finivano nel naso facendomi il solletico.
Non so perché, all'inizio della rasatura eseguì una passatina, svelta ma accurata, di rasoio su tutta la fronte. A lavoro concluso, breve ed energico massaggio al collo, con movimenti che mi sono parsi uguali in tutti i barbieri giapponesi frequentati.
Poi sono andato a vivere in zona Bunkyō, stazione di Sendagi. Il quartiere aveva un'aria "passata" rispetto a Meguro, con quell'atmosfera che, pare, i nostalgici dell'era Shōwa (1926-1989) apprezzano molto; corrisponde al massimo di "tradizionale" che io sia riuscito a osservare a Tōkyō con una certa diffusione. Salone non pulitissimo; ma gestori, forse marito e moglie, allegri e simpatici. Era la signora a darsi al taglio. La prima volta che si trovò a rasarmi la nuca, commentò divertita col marito che non sapeva dove interrompersi... I problemi degli stranieri irsuti in Giappone.
Quello del barbiere è uno dei molti casi vissuti in Giappone in cui la sensazione iniziale di imbattersi in situazioni familiari era seguita dalla scoperta di dettagli differenti, con alcune azioni eseguite al contrario da quelle a me abituali. Per quanto riduttiva, la tentazione di trovare nella cultura giapponese differenze speculari rispetto agli usi europei, è forte.
Viene da pensare al libretto di un gesuita portoghese del '500, il missionario Louís Fróis. In un trattato aveva descritto le usanze giapponesi dell'epoca in brevi coppie di frasi, la prima con l'uso europeo, la seconda con quello giapponese, sempre diverso o opposto al nostro.
Ricordo, in particolare, l'osservazione che per mangiare i giapponesi utilizzavano due bastoncini, mentre noi usavamo... le mani.
(foto da http://ja.wikipedia.org)
Il primo, dopo mie impacciate istruzioni in giapponese, si dedicò lungamente a sbarbarmi secondo un suo criterio estetico, che si rivelò pienamente alla fine del suo minuzioso lavoro: sembravo uno dei tre moschettieri, ma con la barba lunga. Così gli chiesi la cosa più semplice: radermi barba e capelli della stessa lunghezza con la macchinetta. La richiesta sembrò divertirlo come una stranezza, ma acconsentì. Alla fine mi guardai allo specchio e commentai in termini positivi. Ma dissi "Mezurashii!" (raro, insolito), invece di "Subarashii!" (magnifico, splendido). L'uomo non dette segno di cogliere il mio imbarazzo a un errore così maldestro.
La volta successiva andai in un salone consigliato da Martin, che me ne disse meraviglie. Anche qui barbiere sulla mezza età, anche lui divertito, chissà perché, dalla mia richiesta di tagliare capelli e barba uguali. Il trattamento, però, fu quasi di lusso. Alcune cose erano al contrario rispetto a com'ero abituato: per lo shampoo venivo chinato in avanti e non a testa all'indietro; per la barba venivo, invece, sdraiato supino sulla poltrona, che si rivelò un marchingegno complesso. Con alcune manovre esperte dell'uomo, si stendeva come un lettino; produceva anche una piacevolissima vibrazione alla schiena. Unico svantaggio, i peli della barba mi finivano nel naso facendomi il solletico.
Non so perché, all'inizio della rasatura eseguì una passatina, svelta ma accurata, di rasoio su tutta la fronte. A lavoro concluso, breve ed energico massaggio al collo, con movimenti che mi sono parsi uguali in tutti i barbieri giapponesi frequentati.
Poi sono andato a vivere in zona Bunkyō, stazione di Sendagi. Il quartiere aveva un'aria "passata" rispetto a Meguro, con quell'atmosfera che, pare, i nostalgici dell'era Shōwa (1926-1989) apprezzano molto; corrisponde al massimo di "tradizionale" che io sia riuscito a osservare a Tōkyō con una certa diffusione. Salone non pulitissimo; ma gestori, forse marito e moglie, allegri e simpatici. Era la signora a darsi al taglio. La prima volta che si trovò a rasarmi la nuca, commentò divertita col marito che non sapeva dove interrompersi... I problemi degli stranieri irsuti in Giappone.
Quello del barbiere è uno dei molti casi vissuti in Giappone in cui la sensazione iniziale di imbattersi in situazioni familiari era seguita dalla scoperta di dettagli differenti, con alcune azioni eseguite al contrario da quelle a me abituali. Per quanto riduttiva, la tentazione di trovare nella cultura giapponese differenze speculari rispetto agli usi europei, è forte.
Viene da pensare al libretto di un gesuita portoghese del '500, il missionario Louís Fróis. In un trattato aveva descritto le usanze giapponesi dell'epoca in brevi coppie di frasi, la prima con l'uso europeo, la seconda con quello giapponese, sempre diverso o opposto al nostro.
Ricordo, in particolare, l'osservazione che per mangiare i giapponesi utilizzavano due bastoncini, mentre noi usavamo... le mani.
(foto da http://ja.wikipedia.org)