Gennaio 2009. Eccomi alla scrivania, con oltre settecento volumi da catalogare in tempi brevi. Come mi sono trovato in questa situazione?
L'istituto per cui ho lavorato ospitava una biblioteca d'italianistica. In assenza di spazi, era stato ricavato un ufficio per i tirocinanti in un angolo della stanza, già non enorme. La convivenza con il personale della biblioteca, tutto giapponese, guidato da Toyoda san, si rivelò una grande occasione d'incontro e di lavoro. Di tutti gli impegni di quei mesi, tra organizzazione eventi, scrittura testi e impegni del momento, voglio ricordare in particolare una mostra sulla biblioteca di Suga Atsuko.
La figura della Suga (1929-1998) è poco conosciuta al pubblico italiano. Eppure è stata un elemento importante di contatto tra Italia e Giappone. Sposata con un italiano, visse a Milano negli anni del dopoguerra e del boom economico. Tradusse diversi testi di letteratura giapponese, tra cui l'antologia Narratori Giapponesi moderni (Bompiani), in cui per la prima volta (1965) s’introduceva in Italia una panoramica della letteratura giapponese moderna e contemporanea. Raccolta ancora ineguagliata in completezza, a quanto mi risulta, nell'editoria nostrana.
Non solo. Tornata in Giappone, la Suga insegnò all'università; tradusse in giapponese Ungaretti, Saba, Tabucchi, la Ginzburg; scrisse libri sulle sue esperienze italiane (per es. Mirano - kiri no fukei, trad. Milano - Paesaggi nella nebbia), caratterizzati da eleganza e semplicità di stile, evidenti anche nelle sue traduzioni in italiano. Diversi giapponesi appassionati di cultura italiana mi hanno detto di avere amato proprio i suoi libri sull'Italia, che restano non tradotti per il nostro pubblico.
Veniamo al mio lavoro. La parte in lingue occidentali della biblioteca Suga, circa 3.500 volumi, fu donata al nostro istituto. La difficoltà di una sistemazione adeguata e i numerosi impegni del personale avevano fatto sì che i testi fossero ancora conservati in una sessantina di casse, sparse per l'istituto. Restavano circa settecento titoli da catalogare. L'istituto aveva in progetto di allestire una mostra con il fondo Suga e pubblicare un catalogo, in occasione di un evento da tenersi a fine marzo. I tempi stringevano e bisognava lavorare sodo. Ricordo di quei mesi giornate lavorative fitte, che raramente terminavano prima delle 20-21, in continuo spostamento tra l'ufficio e i sotterranei dove si conservavano le casse. Un lavoro silenzioso, spesso solitario, quasi invisibile.
Il progetto era coordinato dal personale della biblioteca: Toyoda san con alcuni baito che la supportavano. La biblioteca appariva ai miei occhi come una bolla di serenità nella vita d'istituto. Un'enclave silenziosa e laboriosa, mentre fuori imperversavano altre attività febbrili.
Lì si lavorava relativamente tranquilli, fino a tardi, in un'atmosfera di collaborazione che ricordo con grande piacere. A fine giornata, il gruppo giapponese smorzava la tensione lavorativa, tirando fuori salatini, dolcetti, bevande. Due chiacchiere, poi di nuovo a lavoro.
Assistere e partecipare all'organizzazione giapponese della mostra e della comunicazione, alla cura del dettaglio, alle riflessioni sull'impaginazione del volantino... Un'esperienza impagabile.
Alla fine di tanto impegno, solitario e di gruppo, ecco: catalogo e mostra pronti. Chirashi (volantino) color fiore del ciliegio, perché l'evento si sarebbe tenuto proprio in occasione della tradizionale fioritura. L'ufficio era vicino a uno dei luoghi della città più noti per lo hanami, la visita annuale ai ciliegi in fiore. Vedere per la prima volta il manto bianco sugli alberi fu una sensazione molto particolare: qualcosa di etereo, quasi ultraterreno, una bellezza tale da sembrare innaturale.
Passando sotto il bianco degli alberi illuminati, di notte. La soddisfazione di un lavoro finito.
L'istituto per cui ho lavorato ospitava una biblioteca d'italianistica. In assenza di spazi, era stato ricavato un ufficio per i tirocinanti in un angolo della stanza, già non enorme. La convivenza con il personale della biblioteca, tutto giapponese, guidato da Toyoda san, si rivelò una grande occasione d'incontro e di lavoro. Di tutti gli impegni di quei mesi, tra organizzazione eventi, scrittura testi e impegni del momento, voglio ricordare in particolare una mostra sulla biblioteca di Suga Atsuko.
La figura della Suga (1929-1998) è poco conosciuta al pubblico italiano. Eppure è stata un elemento importante di contatto tra Italia e Giappone. Sposata con un italiano, visse a Milano negli anni del dopoguerra e del boom economico. Tradusse diversi testi di letteratura giapponese, tra cui l'antologia Narratori Giapponesi moderni (Bompiani), in cui per la prima volta (1965) s’introduceva in Italia una panoramica della letteratura giapponese moderna e contemporanea. Raccolta ancora ineguagliata in completezza, a quanto mi risulta, nell'editoria nostrana.
Non solo. Tornata in Giappone, la Suga insegnò all'università; tradusse in giapponese Ungaretti, Saba, Tabucchi, la Ginzburg; scrisse libri sulle sue esperienze italiane (per es. Mirano - kiri no fukei, trad. Milano - Paesaggi nella nebbia), caratterizzati da eleganza e semplicità di stile, evidenti anche nelle sue traduzioni in italiano. Diversi giapponesi appassionati di cultura italiana mi hanno detto di avere amato proprio i suoi libri sull'Italia, che restano non tradotti per il nostro pubblico.
Veniamo al mio lavoro. La parte in lingue occidentali della biblioteca Suga, circa 3.500 volumi, fu donata al nostro istituto. La difficoltà di una sistemazione adeguata e i numerosi impegni del personale avevano fatto sì che i testi fossero ancora conservati in una sessantina di casse, sparse per l'istituto. Restavano circa settecento titoli da catalogare. L'istituto aveva in progetto di allestire una mostra con il fondo Suga e pubblicare un catalogo, in occasione di un evento da tenersi a fine marzo. I tempi stringevano e bisognava lavorare sodo. Ricordo di quei mesi giornate lavorative fitte, che raramente terminavano prima delle 20-21, in continuo spostamento tra l'ufficio e i sotterranei dove si conservavano le casse. Un lavoro silenzioso, spesso solitario, quasi invisibile.
Il progetto era coordinato dal personale della biblioteca: Toyoda san con alcuni baito che la supportavano. La biblioteca appariva ai miei occhi come una bolla di serenità nella vita d'istituto. Un'enclave silenziosa e laboriosa, mentre fuori imperversavano altre attività febbrili.
Lì si lavorava relativamente tranquilli, fino a tardi, in un'atmosfera di collaborazione che ricordo con grande piacere. A fine giornata, il gruppo giapponese smorzava la tensione lavorativa, tirando fuori salatini, dolcetti, bevande. Due chiacchiere, poi di nuovo a lavoro.
Assistere e partecipare all'organizzazione giapponese della mostra e della comunicazione, alla cura del dettaglio, alle riflessioni sull'impaginazione del volantino... Un'esperienza impagabile.
Alla fine di tanto impegno, solitario e di gruppo, ecco: catalogo e mostra pronti. Chirashi (volantino) color fiore del ciliegio, perché l'evento si sarebbe tenuto proprio in occasione della tradizionale fioritura. L'ufficio era vicino a uno dei luoghi della città più noti per lo hanami, la visita annuale ai ciliegi in fiore. Vedere per la prima volta il manto bianco sugli alberi fu una sensazione molto particolare: qualcosa di etereo, quasi ultraterreno, una bellezza tale da sembrare innaturale.
Passando sotto il bianco degli alberi illuminati, di notte. La soddisfazione di un lavoro finito.