Dagli appunti della mia ricerca antropologica sul campo (luglio-agosto 2000) sui migranti nippo-brasiliani:
30 luglio 2000
Oggi sono andato a Ōizumi, prefettura di Gunma, a nord di Tōkyō. Circa due ore di treno normale. È una cittadina piuttosto piccola e, sebbene sembri zona agricola, ospita varie industrie che hanno bisogno di manodopera. Ci vivono molti immigrati. Pare che già dopo la guerra fossero arrivati cinesi e coreani. Ora ci lavora gente di nazionalità diverse. Molti brasiliani.
Da qualche anno nel matsuri, la festa tradizionale locale, è stata introdotta una novità: la performance di una scuola di samba. La cosa è abbastanza pubblicizzata, nella speranza di attirare turisti.
Siamo arrivati a mezzogiorno, in un'afa quasi insopportabile. Giriamo per la cittadina, piena di bancarelle, festa, un paio di palchi dove gruppi adolescenziali di rock si esibiscono; ragazze in kimono, ragazzi in jinbei e, soprattutto, molti stranieri. Sono con Akiko, che è stupita di questa presenza.
In un angolo vicino alla stazione, due mikoshi (altari shintō, da portare in processione) con gruppi di ragazzi che si preparano. Ci sono vari negozi per brasiliani, bandiere brasiliane, agenzie di lavoro, scuole, corsi di computer. Pranziamo in un ristorante di cucina brasiliana e italiana, il "Primavera". Lungo la strada, un istituto di bellezza con due ragazze che ballano samba in costume, per attirare clienti: c'è una crema di bellezza in offerta.
[...]
Torniamo al matsuri. Le due ragazze ancora ballano davanti al negozio. Sono le 17,00 e purtroppo ci siamo persi il gruppo di samba. Il gruppo di brasiliani è concentrato in un quadrato di piazza, cuociono carne alla griglia e preparano agua de coco. Ne compro una, non male, un po' dolciastra.
Passeggiamo lungo la via principale. Molte bancarelle di dolci giapponesi. Un angolo di musica brasiliana con ragazzi, non giapponesi, che fanno confusione. Lungo la strada, un uomo dai tratti ispanoamericani, forse ubriaco, grida "Filho da puta! Filho da puta!". Per il resto, tutto tranquillo.
Sul palco i gruppi giapponesi continuano a suonare le loro musiche pop - punk, tutti glam e darkeggianti...
A una finestra al primo piano si affacciano giovinastri con aria spavalda. Uno è tatuato sulle spalle. Akiko mi dice "Qui i permessi per mettere le bancarelle sono dati dalla yakuza. Vedi, sono tutte giapponesi". "Anche il ragazzo tatuato è yakuza?". "Sì".
Torniamo alla piazza della stazione. Presso un negozietto compro riviste della comunità brasiliana.
Nella piazza i ragazzi del posto si preparano a portare in giro il mikoshi. Il primo gruppo parte tra le acclamazioni dei presenti. Intonano un coro per sostenersi, una sorta di "Wa-shō! Wa-shō! Wa-shō!". Li vedo allontanarsi. Dieci minuti dopo parte l'altro gruppo, più silenzioso. Forse sono più giovani.
Andiamo a prendere il treno per rientrare; sono le 19,00. Nell'afa veniamo accolti dalla potente aria condizionata della vettura. Altri stranieri, misti a giapponesi, sono nella carrozza.
30 luglio 2000
Oggi sono andato a Ōizumi, prefettura di Gunma, a nord di Tōkyō. Circa due ore di treno normale. È una cittadina piuttosto piccola e, sebbene sembri zona agricola, ospita varie industrie che hanno bisogno di manodopera. Ci vivono molti immigrati. Pare che già dopo la guerra fossero arrivati cinesi e coreani. Ora ci lavora gente di nazionalità diverse. Molti brasiliani.
Da qualche anno nel matsuri, la festa tradizionale locale, è stata introdotta una novità: la performance di una scuola di samba. La cosa è abbastanza pubblicizzata, nella speranza di attirare turisti.
Siamo arrivati a mezzogiorno, in un'afa quasi insopportabile. Giriamo per la cittadina, piena di bancarelle, festa, un paio di palchi dove gruppi adolescenziali di rock si esibiscono; ragazze in kimono, ragazzi in jinbei e, soprattutto, molti stranieri. Sono con Akiko, che è stupita di questa presenza.
In un angolo vicino alla stazione, due mikoshi (altari shintō, da portare in processione) con gruppi di ragazzi che si preparano. Ci sono vari negozi per brasiliani, bandiere brasiliane, agenzie di lavoro, scuole, corsi di computer. Pranziamo in un ristorante di cucina brasiliana e italiana, il "Primavera". Lungo la strada, un istituto di bellezza con due ragazze che ballano samba in costume, per attirare clienti: c'è una crema di bellezza in offerta.
[...]
Torniamo al matsuri. Le due ragazze ancora ballano davanti al negozio. Sono le 17,00 e purtroppo ci siamo persi il gruppo di samba. Il gruppo di brasiliani è concentrato in un quadrato di piazza, cuociono carne alla griglia e preparano agua de coco. Ne compro una, non male, un po' dolciastra.
Passeggiamo lungo la via principale. Molte bancarelle di dolci giapponesi. Un angolo di musica brasiliana con ragazzi, non giapponesi, che fanno confusione. Lungo la strada, un uomo dai tratti ispanoamericani, forse ubriaco, grida "Filho da puta! Filho da puta!". Per il resto, tutto tranquillo.
Sul palco i gruppi giapponesi continuano a suonare le loro musiche pop - punk, tutti glam e darkeggianti...
A una finestra al primo piano si affacciano giovinastri con aria spavalda. Uno è tatuato sulle spalle. Akiko mi dice "Qui i permessi per mettere le bancarelle sono dati dalla yakuza. Vedi, sono tutte giapponesi". "Anche il ragazzo tatuato è yakuza?". "Sì".
Torniamo alla piazza della stazione. Presso un negozietto compro riviste della comunità brasiliana.
Nella piazza i ragazzi del posto si preparano a portare in giro il mikoshi. Il primo gruppo parte tra le acclamazioni dei presenti. Intonano un coro per sostenersi, una sorta di "Wa-shō! Wa-shō! Wa-shō!". Li vedo allontanarsi. Dieci minuti dopo parte l'altro gruppo, più silenzioso. Forse sono più giovani.
Andiamo a prendere il treno per rientrare; sono le 19,00. Nell'afa veniamo accolti dalla potente aria condizionata della vettura. Altri stranieri, misti a giapponesi, sono nella carrozza.